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In questi momenti terribili e tragici per le persone e per il Paese si può e si deve anche ragionare per il medio termine. 

La mia riflessione, qui di seguito, mi porterà a considerare non solo il breve periodo, la situazione contingente, ma una sostenibilità reale e concreta nel medio periodo.

Al momento vi è la corsa, nella didattica a quella che a Napoli si chiama ‘a pezza a colore; cioè trovare un sistema che riesca a rattoppare in modo veloce un buco, magari anche passando sopra ad errori commessi e non risolvendo il problema alla fonte.

Vi è una corsa all’utilizzo di videoconference, documenti condivisi, chat, senza fermarsi 10 minuti prima e rispondere ad alcune domande come “che mi serve? quali implicazioni sulla privacy? perché mi serve? a cosa deve servire? a chi deve servire? quanto costa? per quanto tempo la posso utilizzare?”

Sul sito del Ministero dell’Istruzione vi sono, fra le altre, le offerte di didattica a distanza dei principali attori del settore, Google e Microsoft.

Poco spazio, e residuale, invece, per cercare di mettere ordine e cominciare a ragionare. Forse sono troppo rigido, ma il mio timore è che quando la tragedia terminerà e potremo ricostruire anche nel campo della didattica, ci ritroveremo con gli stessi problemi, se non decuplicati.

Se si vogliono davvero creare i presupposti per una vera didattica che utilizzi gli strumenti che la Rete mette a disposizione, è necessario anche creare i presupposti per una didattica con strumenti, repository e piattaforme dove l’Ente è proprietario, decide chi tracciare e controllare, decide per quanto tempo i materiali devono essere online e con quale investimento e non demandare tutto ad aziende private.

Mi concentrerò su Google e le sue suite per education; avrei voluto discutere anche di Microsoft, ma non sono riuscito a trovare con facilità le stesse indicazioni che invece Google, in modo perfetto, concede alla lettura dei suoi clienti e potenziali clienti. A questo proposito se qualcuno mi fornisse una risorsa Web utile per Microsoft, gliene sarei grato.

Google afferma che lui dei dati può farne quello che vuole (chi si collega, come, cosa legge e studia, dove sta, in pratica tutto, come già sappiamo che fa come apriamo Google Chrome). Naturalmente sono previste tutte le cautele su richiesta da parte dell’utente della cancellazione dei suoi dati.

Google inoltre afferma che i materiali sono di proprietà della scuola ma se la scuola o ente poi decide di abbandonare oppure, come molto probabilmente sarà, Google decide di modificare i termini rimodulandoli anche a pagamento, potrebbe nascere la necessità di esportazione dei dati: “Se un dipartimento dell’istruzione, una scuola o un’università decide di interrompere l’utilizzo di Google, agevoliamo le operazioni per l’esportazione dei dati in nostro possesso.”
Penso che poi ci vorranno giorni per mettere ordine nei materiali per riutilizzarli in altri ambienti ma mi sembra un’ottima cosa.

La situazione al momento è cristallizzata fino al 1° luglio 2020, poi non si sa se Google chiuderà il servizio gratis o chiederà un contributo, come è giusto che sia visto che è una azienda privata e il suo obiettivo è il ricavo e il profitto.

Una domanda che mi sono posto è: ma se uno studente o il genitore di uno studente non vuole aprire un account di Google o non vuole essere tracciato, come la mettiamo?

Ho cominciato a scrivere questo articolo ieri, 17 marzo; oggi, 18 marzo, su la Repubblica Napoli, in un suo articolo, Bianca De Fazio ci informa che in una scuola napoletana alcuni genitori non hanno firmato la liberatoria per l’uso della piattaforma (nell’articolo non è specificata quale), perché “quella liberatoria contiene dati sensibili e sarebbe «assolutamente in contrasto – secondo l’obiezione sollevata all’istituzione scolastica – con le norme che regolano la tutela della privacy».
A questo punto la scuola non ha dato seguito alle sue attività su quella piattaforma.

Quindi i miei timori si sono rivelati fondati; e se un genitore o uno studente non firma la liberatoria, forse non si procede oltre.

Sarebbe interessante conoscere anche cosa ne pensa al riguardo il Garante per la protezione di dati personali , quando si utilizzano piattaforme di aziende esterne; che tipo di liberatoria si deve far firmare? si può procedere lo stesso in caso nel cui un genitore o uno studente non firma la liberatoria? si deve fermare tutto? per un bene superiore si può far finta di niente e passare oltre?
Aggiornamento: il Garante ha pubblicato un’intervista a Soro in cui si tratta di elearning:
L’uso sempre più diffuso dell’e-learning per far fronte alla chiusura delle scuole va regolamentato?
“Mi pare una scelta ragionevole, che naturalmente deve però accompagnarsi alle cautele necessarie che le piattaforme su cui svolge l’attività didattica, in primo luogo, devono osservare, dal momento che con l’e-learning divengono l’archivio in cui sono immagazzinati dati personali, spesso anche assai delicati, di studenti per la maggior parte minorenni. Di tutte le preoccupazioni di questo periodo, comunque, questa non è la maggiore, anche considerando gli sforzi profusi dal personale scolastico per far fronte all’emergenza senza interrompere l’attività formativa”.

 

È vero, si tratta di implicazioni che potrebbero essere futili in una situazione come quella attuale dove vi sono emergenze nazionali e di vita, ma sono ugualmente importanti.

Sul sito del Ministero dell’Istruzione è stata pubblicata una nota: Oggetto: emergenza sanitaria da nuovo Coronavirus. Prime indicazioni operative per le attività didattiche a distanza.

Al capitolo “La questione privacy” si legge: Occorre subito precisare che le istituzioni scolastiche non devono richiedere il consenso per effettuare il trattamento dei dati personali (già rilasciato al momento dell’iscrizione) connessi allo svolgimento del loro compito istituzionale, quale la didattica, sia pure in modalità “virtuale” e non nell’ambiente fisico della classe, è.
Le istituzioni scolastiche sono invece tenute, qualora non lo abbiano già fatto, ad informare gli interessati del trattamento secondo quanto previsto dagli artt. 13 e 14 del Regolamento UE 2016/679 e:
– a garantire che i dati personali siano trattati in modo lecito, corretto e trasparente, che siano raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime, che siano trattati in modo non incompatibile con tali finalità, evitando qualsiasi forma di profilazione, nonché di diffusione e comunicazione dei dati personali raccolti a tal fine, che essi siano adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per cui sono trattati, e trattati in maniera da garantire un’adeguata sicurezza dei dati personali, compresa la protezione, mediante misure tecniche e organizzative adeguate, da trattamenti non autorizzati o illeciti e dalla perdita, dalla distruzione o dal danno accidentali [..].

Ora mi chiedo, come si fa ad attuare l’indicazione “evitando qualsiasi forma di profilazione” se si utilizzano piattaforme di Google o Microsoft o di altre aziende? Sbaglio a leggere? sbaglio a capire?

Il mio suggerimento quindi è in ogni caso non perdere di vista il medio termine e costruire modalità di didattica a distanza che siano sostenibili in tempi che vadano oltre il semestre, che siano rispettose della privacy di tutti.

Quindi cerchiamo di evitare “‘a pezza a colore” e diamoci anche da fare per scegliere un buon sarto che ci faccia un bel vestito.

I professionisti ci sono; sono gli elearning specialist, sono i professionisti della didattica a distanza, tutti coloro che da anni lavorano nel mondo della didattica online, nelle Università pubbliche come Federica e in aziende private.

#celafaremo